Cari amici del Centro Sportivo Italiano!
Vi ringrazio per la vostra presenza – siete tanti! – e ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole.
È una vera festa dello sport quella che stiamo vivendo insieme qui in Piazza San Pietro,
che oggi ospita anche dei campi di gioco. Ed è molto buono che abbiate voluto festeggiare il
vostro settantesimo compleanno non da soli, ma con l’intero mondo sportivo italiano rappresentato
dal CONI, e soprattutto con tante società sportive. Complimenti! Adesso manca solo la
torta, per festeggiare il 70.mo compleanno!
Il saluto più grande è per voi, cari atleti, allenatori e dirigenti delle società sportive. Conosco e
apprezzo il vostro impegno e la vostra dedizione nel promuovere lo sport come esperienza educativa.
Voi, giovani e adulti che vi occupate dei più piccoli, attraverso il vostro prezioso servizio
siete veramente a tutti gli effetti degli educatori. È un motivo di giusto orgoglio, ma soprattutto
è una responsabilità! Lo sport è una strada educativa. Io trovo tre strade, per i giovani, per i ragazzi,
per i bambini. La strada dell’educazione, la strada dello sport e la strada del lavoro, cioè
che ci siano posti di lavoro all’inizio della vita giovanile! Se ci sono queste tre strade, io vi assicuro
che non ci saranno le dipendenze: niente droga, niente alcol. Perché? Perché la scuola ti
porta avanti, lo sport ti porta avanti e il lavoro ti porta avanti. Non dimenticate questo. A voi,
sportivi, a voi, dirigenti, e anche a voi, uomini e donne della politica: educazione, sport e posti
di lavoro!
È importante, cari ragazzi, che lo sport rimanga un gioco! Solo se rimane un gioco fa bene al
corpo e allo spirito. E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate,
ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella
ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettervi
in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un "pareggio" mediocre, dare il meglio di
sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi
di queste vite tiepide, vite "mediocremente pareggiate": no, no! Andare avanti, cercando la vittoria
sempre!
Nelle società sportive si impara ad accogliere. Si accoglie ogni atleta che desidera farne parte e
ci si accoglie gli uni gli altri, con semplicità e simpatia. Invito tutti i dirigenti e gli allenatori ad
essere anzitutto persone accoglienti, capaci di tenere aperta la porta per dare a ciascuno, soprattutto
ai meno fortunati, un’opportunità per esprimersi.
E voi, ragazzi, che provate gioia quando vi viene consegnata la maglietta, segno di appartenenza
alla vostra squadra, siete chiamati a comportarvi da veri atleti, degni della maglia che portate.
Vi auguro di meritarla ogni giorno, attraverso il vostro impegno e anche la vostra fatica.
Vi auguro anche di sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra, che è molto importante per
la vita. No all’individualismo! No a fare il gioco per se stessi. Nella mia terra, quando un giocatore
fa questo, gli diciamo: "Ma questo vuole mangiarsi il pallone per se stesso!". No, questo
è individualismo: non mangiatevi il pallone, fate gioco di squadra, di équipe. Appartenere a una
società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento, è l’occasione per
incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere
nella fraternità.
Tanti educatori, preti e suore sono partiti anche dallo sport per maturare la loro missione di uomini
e di cristiani. Io ricordo in particolare una bella figura di sacerdote, il Padre Lorenzo Massa,
che per le strade di Buenos Aires ha raccolto un gruppo di giovani intorno al campo parrocchiale
e ha dato vita a quella che poi sarebbe diventata una squadra di calcio importante.
Tante delle vostre società sportive sono nate e vivono "all’ombra del campanile", negli oratori,
con i preti, con le suore. E’ bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c’è un
gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa. Se non c’è il gruppo sportivo, manca qualcosa.
Ma questo gruppo sportivo dev’essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana,
se non è coerente è meglio che non ci sia! Lo sport nella comunità può essere un ottimo
strumento missionario, dove la Chiesa si fa vicina a ogni persona per aiutarla a diventare migliore
e ad incontrare Gesù Cristo.
Allora, auguri al Centro Sportivo Italiano per i suoi 70 anni! E auguri a tutti voi! Ho sentito
prima che mi avete nominato vostro capitano: vi ringrazio. Da capitano vi sprono a non chiudervi
in difesa: non chiudetevi in difesa, ma a venire in attacco, a giocare insieme la nostra partita,
che è quella del Vangelo.
Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno
ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù. E vi incoraggio a portare avanti il
vostro impegno attraverso lo sport con i ragazzi delle periferie delle città: insieme con i palloni
per giocare potete dare anche ragioni di speranza e di fiducia. Ricordate sempre queste tre strade:
la scuola, lo sport e i posti di lavoro. Cercate sempre questo. E io vi assicuro che su questa strada
non ci sarà la dipendenza dalla droga, dall’alcol e da tanti altri vizi.
Cari fratelli e sorelle, siamo alla vigilia di Pentecoste: invoco su di voi una abbondante effusione
dello Spirito Santo, che con i suoi doni vi sostenga nel vostro cammino e vi renda testimoni gioiosi
e coraggiosi di Gesù Risorto. Vi benedico e prego per voi, e vi chiedo di pregare per me,
perché anche io devo fare il mio gioco che è il vostro gioco, è il gioco di tutta la Chiesa! Pregate
per me perché possa fare questo gioco fino al giorno in cui il Signore mi chiamerà a sé. Grazie.
Al termine dell’incontro, il Papa ha aggiunto:
Adesso facciamo una preghiera in silenzio, tutti. Ognuno di voi pensi alla sua squadra, ai suoi
compagni di gioco, ai suoi allenatori, alla famiglia. E preghiamo la Madonna perché benedica
tutti: Ave o Maria, …
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