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C’è un gesto che noi allenatori facciamo sempre durante una partita di minibasket; lo ripetiamo quando qualcuno lascia il campo o alla fine di ogni tempo. Diamo il cinque, con entrambe le mani, ad ogni ragazzo che ha giocato, accompagnando il gesto con un bel “bravo”.

Ho “ereditato” questo piccolo rito da chi mi ha preceduto in questo ruolo: è una consuetudine che esiste da tempo nella nostra società sportiva. Inizialmente l’ho adottato come una bella usanza, come un modo per essere in linea con la tradizione. Poi ho pensato che fosse il modo per rafforzare l’autostima dei ragazzi, anche quando quel “bravo” era poco giustificato dalla prestazione che avevi visto in campo… ma sono ragazzi e quindi è giusto fare così…

Ultimamente, mi sono accorto che c’è una saggezza più sottile e profonda dietro quelle mani che si incontrano e quella parola di apprezzamento: il gesto di complimento non è per la qualità del gioco né per il numero di canestri. Il “bravo” è per il fatto che ciascuno dei miei ragazzi è entrato in campo e si è messo in gioco; il “bravo” è perché ci ha provato, perché non si è tirato indietro, ma accettato la sfida della gara; “bravo” è perché, indipendentemente dal fatto che ha giocato bene o male, ha comunque cercato di dare il suo meglio, si è impegnato, si è messo al servizio della squadra.

So che non sempre l’impegno basta: talvolta i risultati sono un po’ deludenti, ma il “bravo” è detto per consolare della sconfitta e per incoraggiare il miglioramento. Sì,  c’è molta più saggezza educativa di quello che può apparire dietro quel gesto un po’ scontato e ripetitivo: vuole in fondo riconoscere che ogni ragazzo è un vincitore nella misura in cui ci tenta, si mette alla prova, accetta di crescere e corre il rischio di vincere così come quello di perdere.

Spero che questo “cinque” battuto sulle mani resti loro come una benedizione per il futuro, che se lo ricordino anche lontano dal campo di basket: saranno “bravi” tutte le volte che accetteranno di mettersi in gioco, sapendo che a volte si vince, altre volte si perde, ma sempre sì dai il massimo.

Marco  Z.

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